Storia e ubicazione di villa Cerami
Villa Cerami, situata a Catania, era originariamente la dimora della famiglia Rosso di Cerami, un ramo distinto dei Rosso.
Edificata dopo il devastante terremoto del 1693, fu acquisita da Domenico Rosso, terzo principe di Cerami, nella prima metà del XVIII secolo.
Attualmente, ospita il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania.
La villa si trova in un’area chiamata “sperone del Penninello“, situata alla fine della via Crociferi.
Si arriva qui girando a destra dalla salita di San Giuliano. Questa zona, vicina ai quartieri di San Nicola, Montevergine e Santa Marta, ha avuto notevole importanza nell’antichità della città, elemento evidenziato anche dalla presenza di resti romani.
La villa divenne un punto di riferimento sia per l’aristocrazia e i ricchi di Catania sia per le classi meno abbienti.
Durante la carestia del 1763, il principe di Cerami aiutò le famiglie più povere e abbandonate della città, fornendo cibo e rifugio nella sua residenza a molti bambini orfani o senza famiglia, che altrimenti sarebbero morti di stenti.
Villa Cerami: ospite la famiglia reale
Il 14 gennaio 1881, la regina Margherita e re Umberto I furono ospiti di Villa Cerami.
Furono celebrati con un ricevimento e ballo, secondo quanto riportato da Salvatore Nicolosi.
Per l’evento, un grande spazio interno, prima utilizzato come cappella, fu trasformato in salone di festa.
La volta di questo spazio subì una modifica significativa: un affresco rappresentante l’Assunzione della Vergine, attribuito a Olivio Sozzi, fu nascosto sotto uno strato di gesso.
Sopra questo, fu dipinta una replica dell’Aurora di Guido Reni, ritenuta più adatta per un ambiente festivo.
L’ingegner Carlo Sada, in occasione della visita dei sovrani d’Italia, modificò il prospetto della Villa.
Egli aggiunse al piano terra un pregevole rivestimento marmoreo ed un portone. Tale portone è sormontato da due mensole e volute che reggevano la parte centrale dell’elegante balconata del primo piano.
Il Sada progettò anche una nuova scala interna a due rampe, allo scopo di dare accesso coperto al piano nobile della Villa, dal grande cortile con la palma.
Il progressivo degrado
Con il passare del tempo, la villa subì degradazioni, come ricorda amaramente Lucio Sciacca.
Una sezione del palazzo divenne la succursale femminile dell’Istituto Magistrale “G. Turrisi Colonna”, che contribuì alla rovina della villa.
Verso la fine degli anni ’30, i panorami ampi e aperti furono oscurati dall’invasiva comparsa del cemento armato.
Nei primi anni ‘50, il palazzo vide il culmine della sua triste decadenza, marcata anche dalla scomparsa di diverse opere d’arte.
Tra questi eventi, si ricorda l’acquisto da parte del Comune di Catania di un pregevole dipinto a olio, attribuito da Enzo Maganuco a Giovanni da San Giovanni, pittore attivo nel tardo Cinquecento, che raffigura il martirio di Sant’Agata. Quest’opera oggi decora l’ufficio del Sindaco.
Inoltre, una porzione del giardino che dava sulle odierne via Iacona e via Gallo fu venduta, e al suo posto fu costruito un palazzo di più piani.
La rinascita
Nel 1957, l’Università di Catania acquistò Villa Cerami, destinandola alla Facoltà di Giurisprudenza. L’acquisto fu promosso dal Rettore dell’Università, il professor Cesare Sanfilippo.
Il professor Orazio Condorelli, già Rettore e figura di spicco nel panorama accademico e politico nazionale, giocò un ruolo chiave nel trasferimento della Facoltà di Giurisprudenza nella villa.
Egli sosteneva che la Facoltà potesse lasciare il Palazzo centrale universitario di Piazza degli Studi, dove era alquanto limitata, solo per un edificio di pari prestigio storico e artistico.
C’era stato, invero, il Comune di Catania, prima dell’Università, a chiedere al Principe la Villa. La trattativa, però, non aveva avuto seguito.
L’Università prese possesso dell’edificio nella prima metà di giugno del 1957.
Stefano Bottari e Vito Librando elaborarono un progetto di restauro per rinnovare sia i giardini sia la villa, introducendo modifiche all’interno e alla facciata dell’edificio. Il salone delle feste fu trasformato in aula magna per la Facoltà di Giurisprudenza.
Dal 1962 al 1964, fu eretto, all’interno dell’area giardino verso via Gallo, un nuovo edificio “moderno” di cinque piani destinato a ospitare uffici professorali, biblioteche, e sale per studenti e personale amministrativo.
Per coprire i costi del restauro, inclusa la sistemazione dei giardini, il Rettore Sanfilippo chiese supporto finanziario alla Regione Siciliana.
Curiosità storiche
L’aspetto attuale di Villa Cerami è il risultato di modifiche e aggiunte fatte nel corso dei secoli.
Le “Memorie” inedite di Giovanni Rosso Cerami raccontano che nel 1724, Domenico Rosso acquistò l’area con i fondi di sua madre.
Al momento dell’acquisto vi erano già presenti la “casa grande”, l’entrata principale, il cortile, le scuderie (ora l’aula giardino) e la scala in pietra.
Queste “Memorie” attribuiscono il disegno del “porticato d’ingresso”, un lavoro dallo stile barocco artistico, a Giovanni Battista Vaccarini, che però arrivò a Catania soltanto nel 1729.
Questo fa pensare che Vaccarini potrebbe aver solamente rinnovato e impreziosito il portone esistente, su cui è presente lo stemma dei Cerami, e che forse modificò anche la scala in pietra, trasformandola nell’imponente scalone che vediamo oggi.
Nel cortile, che separa la villa dall’edificio nuovo della facoltà di giurisprudenza (opera dell’architetto Francesco Basile), si trova la Grande Bagnante, opera bronzea di Emilio Greco.
Preziosa dal punto di vista archeologico
Al di sotto di tale giardino si trova parte dell’Anfiteatro romano.
Sotto l’edificio, visibili nell’ingresso centrale al piano terra, vi è un sistema di esedre che serviva a riempire il salto di quota tra l’Anfiteatro Romano e la Collina di Montevergine. Un sistema simile si trova anche nella Chiesa del Santo Carcere.
Fontanella all’ingresso di villa Cerami
Vicino all’entrata della villa barocca, esiste una fontanella, fatta costruire dal Principe Cerami.
Essa è decorata con un’epigrafe che critica l’amministrazione cittadina per aver negato al nobile catanese il permesso di costruire una fontana pubblica.
Presenta una semplice vasca a forma di conchiglia, simile a quella sotto l’obelisco dell’elefante in piazza Duomo, egli intendeva probabilmente rafforzare il collegamento visivo con i simboli riconoscibili di Catania.
Sopra di essa vi è una lastra marmorea con uno stemma e un’epigrafe del 1723.
La storia narra che il Principe Cerami, dopo il rifiuto della città di costruire la fontana, decise di finanziarla personalmente.
L’iscrizione sulla lastra marmorea “publico – non a publico – hic publicus” indica proprio la pubblica utilità della stessa, sebbene non fosse stata realizzata con i soldi di un privato.
Non tutti compresero il significato di tale iscrizione. Per tal motivo, la fontana è spesso stata definita come “enigmatica”.
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