La spaziosa e luminosa piazza Università è sovrastata dall’imponente struttura del palazzo dell’Università.
Questo edificio, come la maggior parte delle costruzioni a Catania, è stato eretto successivamente al devastante terremoto del Val di Noto del 1693.
Alla sua realizzazione parteciparono vari architetti, tra cui Francesco e Antonino Battaglia, e Giovanni Battista Vaccarini.
Cenni Storici
L’Università di Catania venne fondata il 19 ottobre 1434 da Alfonso il Magnanimo. Il permesso papale per la sua istituzione fu concesso tramite una bolla di Eugenio IV, rilasciata il 18 aprile 1444.
fLe lezioni iniziarono il 19 ottobre 1445 . Il corpo docente composto da sei professori e si tennero in un edificio situato in piazza Duomo, accanto alla Cattedrale di Sant’Agata, nei pressi dell’odierno Palazzo del Seminario dei Chierici.
Nel 1684, l’Università fu trasferita nei locali dell’ospedale San Marco. Questa sede rimase operativa fino al terremoto del 1693, che devastò gran parte degli edifici di Catania, inclusa l’Università.
Tre anni dopo il sisma, nel 1696, iniziarono i lavori di costruzione del nuovo Palazzo dell’Università, che ancora oggi ospita l’Università di Catania.
Il prospetto principale dell’edificio fu successivamente ridisegnato dall’architetto Mario Di Stefano a seguito dei danni subiti nel terremoto del 1818.
Dopo tale evento, fu necessario un restauro aggiuntivo che venne affidato ad Antonino Battaglia. Egli decise di rivestire i prospetti laterali del palazzo aggiungendo una controfacciata sulle murature esistenti.
Un metodo già usato da suo padre, Francesco Battaglia, che aveva rinforzato con un contromuro la facciata principale, danneggiata dal sisma del 1785.
Nel 1879, ulteriori e importanti modifiche al piano terra, incluse nuove disposizioni degli ingressi sulla strada, furono progettate dal prof. ing. Mario Di Stefano.
L’edificio occupa un intero isolato, similmente al vicino Palazzo degli Elefanti, e circonda un cortile interno. La struttura è a chiostro, con porte che originariamente si aprivano su tutti e quattro i lati del palazzo.
Descrizione del palazzo dell’Università
Il primo piano e la volta dell’Aula Magna furono affrescati dal catanese Giovanni Battista Piparo e le pareti rivestite completamente di damasco.
I lavori per la nuova sede dell’università furono ultimati alla fine del XVIII secolo. In al modo fu possibile accogliere tutti gli istituti e i gabinetti scientifici essenziali per il corretto svolgimento dei corsi di laurea.
L’Aula Magna include un arazzo con lo stemma della dinastia di Aragona appeso sulla parete dietro il podio accademico.
La biblioteca dell’università ospita una vasta collezione di preziosi codici, incunaboli, manoscritti e lettere autografe, oltre a oltre 200.000 volumi.
La facciata del palazzo dell’Università
La facciata del Palazzo dell’Università di Catania, realizzata nella seconda metà del XIX secolo su disegno dell’architetto Mario Di Stefano, si sviluppa su tre livelli.
Al pianterreno, il portale centrale ad arco a tutto sesto è incorniciato da due coppie di colonne doriche poste su alti basamenti, che sostengono il balcone del primo piano.
Ai lati del portale, otto lesene delimitano otto finestre, ciascuna caratterizzata da una parte superiore semicircolare vetrata e da una balaustra nella parte inferiore.
Al primo piano, il finestrone centrale presenta un balcone balaustrato e è fiancheggiato da due coppie di lesene composite.
Ai lati, all’interno di archi a tutto sesto sormontati da timpani semicircolari, si trovano otto finestroni (quattro per lato).
L’ultimo piano riprende la disposizione del piano sottostante, con un timpano semicircolare centrato sopra il finestrone. Accanto, due stemmi araldici, tra cui quello di Alfonso il Magnanimo, fondatore dell’università nel 1434.
Completano la struttura un orologio al centro, sormontato da un fregio floreale. Esso è accompagnato dalla cella campanaria, decorata con balaustre che culminano in due pinnacoli e statuette di putti seduti. L’intero edificio è coronato da una lunga balaustra alternata da vasi e pinnacoli.
Il chiostro del Palazzo dell’Università
L’edificio dell’Università di Catania è caratterizzato da un cortile interno con chiostro. Tale elemento architettonico trova le sue radici nelle domus romane e nelle basiliche cristiane, evolvendosi poi durante il Rinascimento, particolarmente con opere di Bramante.
Questo modello ha riscosso grande successo a Catania, trovando applicazione in vari edifici come il Convitto Cutelli, il Palazzo dei Minoriti e il Palazzo della Cultura.
Il progetto originale del chiostro prevedeva un cortile quadrilatero delimitato da sedici colonne e quattordici archi, costruiti con materiali locali.
Il fusto delle colonne e i piedistalli erano in pietra “misca” di Trapani. I capitelli e le basi, invece, erano realizzati in pietra nera levigata, creando un effetto bicromatico notevole.
Tuttavia, il terremoto del 1693 interruppe i lavori, causando variazioni sostanziali al progetto originale.
Nel corso della ricostruzione, che si estese dalla fine del XVII secolo alla prima metà del XVIII secolo, si vari architetti. Giovanni Battista Vaccarini, che divenne soprintendente nel 1730 e lavorò con Giuseppe Palazzotto fino al 1750, e Francesco Battaglia, che gli succedette nel 1759.
La pavimentazione del chiostro
I motivi floreali della pavimentazione del chiostro sono simili a quelli del Collegio Cutelli, secondo un disegno di Vaccarini. Essa è realizzata con ciottoli di pietra lavica e calcare bianco.
Questa tecnica, diffusa nel Settecento, combinava bellezza estetica e praticità, facilitando il drenaggio delle acque piovane.
I ciottolati sostituirono la terra battuta in piazze e strade di molti borghi. Diventarono una tecnica prevalente per decorare i centri storici, piazze, giardini, portici e cortili di palazzi nobiliari.
Questi pavimenti sono costituiti da sassi sferici leggermente irregolari, inseriti manualmente uno ad uno come le tessere di un mosaico, seguendo un’antica tecnica nota come acciottolato.
I disegni risultanti spesso includono motivi floreali, geometrici, stelle, conchiglie e tralci vegetali, esprimendo eleganza, armonia e una ricca varietà decorativa.
Questo design non solo serve a un scopo estetico ma è anche pratico, aiutando a dirigere l’acqua di deflusso attraverso le fughe tra le pietre. Il materiale utilizzato è particolarmente resistente e idoneo per gli spazi frequentati.
La tecnica
Per creare i complessi motivi ornamentali sui pavimenti in ciottolato, si utilizzano ciottoli, selezionati per la loro durabilità e resistenza.
Ogni sassolino è lavorato accuratamente prima di essere collocato vicino agli altri, garantendo una perfetta aderenza che previene l’infiltrazione di acqua e fango. Il processo enfatizza i contrasti cromatici per realizzare un effetto visivo più marcato.
La tecnica di posa dei ciottoli si effettua incastonandoli in un letto di malta, composto da sabbia e cemento. Questo materiale morbido permette di eliminare eventuali detriti e facilita l’incastro dei sassi.
Oltre ai motivi geometrici e floreali, sono presenti elementi scultorei quali canestri di frutta e vasi sagomati con fiori, disposti in maniera sinuosa.
Questi elementi richiamano la decorazione metallica utilizzata da Vaccarini nelle sue chiese catanesi, dove i motivi ornamentali sono collocati sulla sommità delle trabeazioni, completando così lo spazio interno delle strutture.
L’insieme architettonico del chiostro, pur essendo uno spazio aperto, evoca l’atmosfera di un interno grazie alla sua struttura.
La mancanza di una copertura fa sì che il cortile sia particolarmente esposto alla luce naturale, che inonda e valorizza l’architettura, conferendo un senso di grandezza e maestosità tipico degli spazi interni, ma che in questo caso si rivela essere una facciata esterna.
La forte determinazione di Vaccarini
Già nel suo primo progetto, Giovanni Battista Vaccarini espresse una forte personalità e un temperamento decisivo, tanto da includere nel contratto di costruzione la clausola di poter demolire le strutture già erette se non fossero state di suo gradimento.
Questa determinazione si manifestò chiaramente nella sua decisione di non utilizzare colonne, tipiche delle costruzioni claustrali dell’epoca, a favore di pilastri, probabilmente per migliorare la resistenza sismica delle strutture in una città frequentemente colpita da terremoti.
La scelta di adottare una sezione orizzontale rettangolare, piuttosto che circolare, mirava a ottimizzare la superficie e la stabilità delle strutture verticali.
Nel cortile del palazzo dell’Università, Vaccarini introdusse due ordini architettonici.
Al piano terra, pilastri tuscanici con eleganti riquadrature sui fusti, sopportati da pilastri esterni dello stesso ordine ma con fusti lisci.
Al primo piano, pilastri dorici da cui sporgono semicolonne dello stesso ordine.
Vaccarini concepì il cortile come un unico organismo bidimensionale, un prospetto che integra una decorazione composta da mensole allungate inserite tra gli archi.
Queste mensole, collocate tra i capitelli del primo ordine e il piedistallo del secondo, trascendono il tradizionale sistema architettonico basato su archi supportati da pilastri trabeati, enfatizzando la verticalità e il sostegno strutturale.
Questa caratteristica non solo aggiunge un elemento di eleganza plastica ma crea anche un effetto chiaroscuro che interrompe la continuità della superficie muraria.
Il parapetto del primo piano si distacca dalla consuetudine dei cortili catanesi e palermitani, evitando i tipici balaustrini e optando invece per una transenna traforata.
Questo elemento divenne una caratteristica ricorrente e distintiva nelle opere di Vaccarini, sottolineando ulteriormente il suo stile unico e influente nell’architettura barocca siciliana.
Restauro pavimentazione
Nel luglio 2017, l’Università di Catania ha completato il restauro della pavimentazione del cortile del palazzo centrale, che era in condizioni di notevole degrado a causa del tempo.
Il pavimento è stato riportato al suo splendore originario: i blocchi di pietra bianca sono stati puliti dalle stuccature in cemento e rinforzati sulla base di supporto, con l’aggiunta di pezzi mancanti per colmare le lacune.
Per preservare l’opera restaurata dal calpestio, è stato posizionato un cordone protettivo. Ogni anno, il 8 dicembre, il cortile ospita un presepe tradizionale con un vero albero di pino, attirando ammirazione e arricchendo ulteriormente il patrimonio culturale della città.
Parallelamente, l’Ateneo è coinvolto in un progetto innovativo denominato AGM for CuHe (Advanced Green Materials for Cultural Heritage), il quale mira a sviluppare e promuovere l’uso di materiali avanzati e sostenibili per il restauro dei beni culturali.
Questo progetto valorizza le materie prime naturali e di scarto industriale della Sicilia, proponendo un approccio che coniuga la conservazione del patrimonio con lo sviluppo turistico, sostenendo così l’economia locale.
I materiali geopolimerici sperimentati sono eco-compatibili, intelligenti e tecnicamente avanzati, ideali per applicazioni su diversi substrati del patrimonio culturale.
Grazie alla collaborazione tra partner industriali, centri di ricerca e stakeholder, il progetto include una fase di modellizzazione degli interventi di restauro, seguita dalla realizzazione di applicazioni pratiche e dall’istituzione di cantieri pilota.
Il palazzo dell’Università oggi
Oggi, il palazzo settecentesco di piazza Università ospita il Rettorato, gli uffici amministrativi e la Biblioteca Regionale Universitaria “Giambattista Caruso”.
Le facoltà e i dipartimenti dell’università, invece, sono stati trasferiti in altri prestigiosi edifici della città, continuando a diffondere il sapere e la cultura in diverse sedi.
Inserto sulla fondazione dell’Università di Catania
All’inizio del Quattrocento, numerose università erano sorte nel centro-nord Italia, ispirate dalla prima università moderna, l’Università di Bologna. Nel Sud, invece, l’Università di Napoli regnava incontrastata, essendo stata fondata da Federico II due secoli prima.
In Sicilia, l’Università di Catania, conosciuta anche come Siculorum Gymnasium o Siciliae Studium Generale, fu la prima e unica istituzione accademica per quasi quattro secoli, eccezion fatta per un breve periodo di prosperità dell’Università di Messina tra il XVI e il XVII secolo.
Questa fondazione a Catania fu una sorta di compensazione. La corte regia durante il Trecento visse al Castello Ursino, lontano da Palermo, allora insicura per le lotte tra le fazioni nobiliari.
Quando Alfonso di Aragona mise fine alle dispute feudali e riportò la corte a Palermo, vennero presentate delle richieste di compensazione, tra cui la fondazione dell’università a Catania.
Queste richieste erano tredici e variavano da questioni di giurisdizione a esenzioni fiscali, con la decima specificamente per l’istituzione di un’università. La richiesta fu accompagnata da un donativo in denaro, e ricevette l’approvazione regale il 19 ottobre 1434 a Palermo.
Nonostante l’approvazione regia, per fondare effettivamente l’università era necessaria anche l’approvazione papale.
Questa fu ritardata a causa dei conflitti tra Alfonso e il papa Eugenio IV. L’intervento di figure ecclesiastiche e civili di Catania contribuì infine a superare queste tensioni, e il 14 maggio 1444 il papa emanò la bolla che ufficializzava l’Università di Catania, con facoltà di Teologia, Diritto, Medicina e Arti.
La conferma regale e l’avvio delle attività accademiche seguirono rapidamente, con la prima lezione tenuta il 18 ottobre 1445.
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