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Misterbianco: la resilienza degli abitanti

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In un giorno che avrebbe segnato per sempre la loro storia, il 29 marzo 1669, gli abitanti di Misterbianco, a Catania, videro la loro terra avvolta e distrutta da due imponenti braccia di lava.

Tra i pochi resti, si annoverava il campanile della Chiesa Madre, detto “U Campanarazzu”.

In mezzo al caos e alla devastazione, caratterizzato dal vagare degli abitanti per le campagne, venne posto, sotto un vigoroso ulivo, la pesante campana dell’antica Chiesa Madre. La speranza era che con i suoi rintocchi avrebbe chiamato a raccolta la comunità dispersa e spaventata. Quel robusto albero divenne poi simbolo di resilienza, chiamato “Aliva ‘Mpittata” (ossia, robusto).

Il coraggio di ricostruire subito il comune di Misterbianco

Mentre la lava minacciava ancora, radunati in una chiesa in contrada Raccomandata alla fine di aprile del 1669, gli abitanti decisero di ricostruire Misterbianco Comune.

Dopo intense discussioni, una parte di loro si spostò a nord di Catania dove il vescovo Bonadies mise a disposizione l’area del borgo. Altri cercarono rifugio altrove, ma i più coraggiosi rimasero, determinati a ridare vita alla loro comunità sulle terre di Pozzillo e Tiriti, avviando così il cammino verso la rinascita.

Con una dedizione che sfidava ogni ostacolo, si impegnarono a ricostruire il loro paese con la massima fedeltà all’originale.

La prima chiesa del nuovo comune fu eretta in onore di S. Nicolò, echeggiando l’antica Chiesa Madre persa nella lava, con un campanile che ne replicava l’esatto aspetto, sebbene collocato su un lato diverso della facciata.

La nuova Chiesa Madre

E poi, la nuova Misterbianco iniziò a prendere forma, più a sud dell’antico sito.

La costruzione della nuova Chiesa Madre, ritratta nella foto, iniziò poco dopo il 1670, affrontando rallentamenti dovuti alla scarsità di fondi, fino alla maestosa finalizzazione della facciata nel 1905.

Realizzata in stile romanico con pietra di Priolo, la sua facciata bianca ora sfoggia colonne, capitelli, rosoni, intarsi policromi, e fregi, un trionfo architettonico che incanta chiunque la osservi.

La Chiesa Madre, o “la Matrice”, come viene affettuosamente chiamata, con le sue tre navate, una pianta a croce latina, e dimensioni che impongono rispetto e ammirazione, rappresenta non solo il cuore spirituale ma anche il simbolo della resilienza e della rinascita di Misterbianco. Un monumento alla forza indomabile dei suoi abitanti, che, fronteggiando la distruzione, hanno scelto di ricostruire, di sperare.

Di rinascere.

 

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