L’elegante Palazzo delle Poste a Catania, insieme al garage Musumeci e all’Arco di Trionfo a Palermo, è stato provocatoriamente incluso nel “Tavolo degli orrori” alla mostra del 1931 in Roma. Questa esposizione era parte della Seconda Esposizione di Architettura Razionale del MIAR. Vediamo perché.
Inaugurazione del Palazzo delle Poste
Il Palazzo delle Poste di Catania si trova invia Etnea, accanto al giardino Bellini. È stato progettato dall’architetto Francesco Fichera a partire da un progetto del 1919.
I lavori iniziarono il 28 ottobre 1922 con la cerimonia di posa della prima pietra a cui parteciparono il Re, il Ministro delle Poste Fulci, il sindaco Eduardo Di Giovanni e il Direttore provinciale delle Poste, dottor Musumeci. Quest’ultimo diventerà direttore generale al Ministero due anni dopo.
I lavori durarono quasi otto anni a causa di difficoltà con il sottosuolo nelle fasi iniziali.
Il palazzo fu completato nel 1929 e inaugurato da Re Vittorio Emanuele III il 4 maggio 1930.
Per la visita alla città in un tour de force di due giorni (il 4 e il 5 maggio), il Re era giunto a Catania a bordo dello yatch “Savoia”, mentre treni speciali sin dal mattino avevano riversato in città numerosissima folla, e rappresentanze dalla provincia.
Il Sovrano col seguito (una folta rappresentanza di Ministri, onorevoli, maestri ci cerimonia della Real Casa, autorità civili e militari) ha percorso le vie, fatto segno a continue manifestazioni di entusiasmo, mentre le campano dolio chiose suonavano a festa. Volteggiavano nel cielo squadriglie di aeroplani o dalle finestre si gettavano fiori (da “La Stampa”, 5 maggio 1930).
Architettura del Palazzo delle Poste
L’architettura del Palazzo delle Poste di Catania è in sintonia con lo stile locale.
Dopo il devastante terremoto del 1693, la città fu ricostruita in stile barocco settecentesco dall’architetto Vaccarini.
Francesco Fichera, profondo conoscitore dell’architettura catanese, ha rispettato questo stile, introducendo al contempo elementi moderni sul vecchio tronco delle sinuose linee barocche, le quali predominano e danno all’edificio la fisionomia.
L’edificio presenta una facciata imponente in stile barocco, evidente anche nell’uso di pietre di diversi colori, come la grigia pietra lavica e la bianca pietra di Ispica.
La costruzione è in muratura di pietrame, con tramezzi in mattoni e solai e volte in cemento armato. I dettagli architettonici sono in pietra calcarea avorio, mentre zoccolature e gradinate sono in lava dell’Etna.
“Ad alleggerire il barocco (un barocco rivisitato) sono gli interni che, grazie anche a particolari decorazioni, assumono un carattere aristocratico.
In architettura è necessario rimanere nella tradizione, evolvendosi (…) Bisogna dai successivi punti di vista riguardare l’antico con spirito, con occhio nuovo (…) risuscitando non il passato ma la luce del passato”
Marcello Piacentini, Francesco Fichera architetto siciliano, in “Architettura e Arti decorative”, X, giugno 1930. Archivio Storico Poste Italiane
Struttura
L’edificio si estende su un’area di 1600 metri quadrati e ha quattro ampi ingressi.
Al piano terra si trovano gli spazi per il pubblico e per lo smistamento della posta.
Gli uffici principali e di direzione occupano il primo piano, arricchito da una serie di balconi, mentre il secondo piano è dedicato al personale impiegatizio. Esiste anche un cantinato usato per economato, deposito di materiali e macchinari.
L’innovazione di Fichera
Francesco Fichera ha innovato l’organizzazione degli spazi interni, pensando al benessere di pubblico e impiegati. Tradizionalmente, i palazzi delle poste avevano un grande salone centrale, illuminato dall’alto, con sportelli ai lati.
Fichera ha modificato questa disposizione, trovando i saloni troppo rumorosi, mal ventilati e con lucernai inefficaci contro il caldo o il freddo.
“Fichera, invece, adotta per l’edificio una struttura a V così da ricavare al suo interno un grande cortile e ribalta l’impostazione tradizionale.
Con l’antico schema distributivo il Salone al pubblico veniva posto al centro dell’edificio e gli uffici di accettazione, smistamento, arrivo e partenza venivano spinti alla periferia.
Col nuovo schema, invece, il pubblico viene ad occupare la periferia.
Un secondo anello concentrico viene attribuito agli uffici di smistamento che insistono sulla Corte, in cui arriva e da cui parte il materiale postale.”
Marcello Piacentini in “Architettura e Arti decorative”, giugno 1930. Archivio Storico Poste Italiane.
L’architettura dell’edificio pubblico è quindi molto chiara nelle sue linee generali: il piano terra con i suoi ampi porticati è destinato al pubblico; il primo piano ha balconi per gli uffici; il secondo piano, con grandi finestre trifore, è dove gli operatori lavora(va)no al telegrafo.
L’approccio dell’architetto Fichera è stato razionale, ma il Palazzo delle Poste di Catania, inaugurato nel 1930, nonostante l’indubbia bellezza e utilità architettonica, sembrava fuori tempo. Proprio mentre si affermava il movimento dell’Architettura Razionalista, la veste barocca dell’edificio era vista come innaturale rispetto alle nuove tendenze.
Ristrutturazione del palazzo
La ristrutturazione ha coinvolto sia la struttura edile sia gli impianti.
L’ intonaco protettivo antincendio ha sostituito i vecchi materiali. Le porte obsolete sono state cambiate con altre resistenti al fuoco, e pareti e soffitti sono stati ritinteggiati.
Il progetto include anche l’installazione di un nuovo impianto elettrico e un sistema di pompaggio antincendio, migliorando significativamente la sicurezza contro gli incendi con l’uso di materiali leggeri al posto di quelli organici tradizionali.
L’intervento di riqualificazione del Palazzo delle Poste di Catania ha, inoltre, coinvolto il piano seminterrato che ospita nove archivi riservati al deposito di materiale cartaceo.
Cosa si nasconde sotto lo spettacolare Palazzo delle Poste?
La struttura, che occupa un intero isolato, è stata costruita dopo la demolizione del Palazzo Majorana. Durante i lavori è stata scoperta una probabile necropoli.
“Durante la costruzione del nuovo Palazzo delle Poste in via Etnea nell’inverno del 1923, vennero alla luce numerose strutture antiche descritte da G. Libertini.
La costruzione più monumentale, conservatasi per essere stata riutilizzata come carbonaia nel demolito palazzo Majorana,
era costituita da un edificio a pianta quadrangolare (m.6,50×6).
Tale edificio era articolato almeno su 3 livelli, di cui il primo doveva essere in parte seminterrato, il secondo era coperto da una volta a botte a sesto ribassato con ghiera in mattoni e del terzo rimane solo l’accenno dei muri perimetrali.
L’ intero complesso era realizzato in opus caementicium.
L’ edificio era collegato su tutti i lati ad altre strutture murarie. In particolare, al fianco meridionale si appoggiava un lungo muro che piegava ad angolo retto verso Est.
Libertini sembrerebbe escludere una destinazione funeraria per questa costruzione quadrangolare, che risulterebbe la più antica tra le altre rinvenute nell’area (viene datata al Ì secolo d.C.), con una quota pavimentale a metri 8,25 s.l.m.”
Eppure, sembra proprio un sepolcro
“A mio avviso, al contrario, la tipologia architettonica del monumento lascerebbe pensare ad un sepolcro a dado con la cella per inumazione in parte ipogeica ed inserito all’interno di uno o più recinti funerari: un altro recinto più grande è ipotizzabile grazie al rinvenimento di 2 lunghi muri che si incrociano ad angolo retto ancora più a Sud .
Dentro il recinto più interno sono state rinvenute altre due strutture di incerta interpretazione.
La prima è a pianta rettangolare (2,25×1,70 metri) mentre la seconda è circolare (diametro 2,30 metri) ed è interpretata come cisterna, intonacata all’interno e con copertura di blocchi del tipo a tholos.
L’ intera area sepolcrale sembra avere il limite estremo verso ovest, con un muro lungo oltre 30 metri con orientamento Nord-Sud.
A Nord è un altro muro disposto ortogonalmente. L’intera area venne occupata, a partire dal IV-V secolo d.C., da una fitta serie di tombe a fossa composte da muretti di mattoni e coperte da bipedali. Alcuni di tali tombe erano a doppio ordine separato l’uno dall’altro da lastroni di pietra lavica.
La maggior parte di queste tombe erano disposte su una lunga fila addossata al muro del confine occidentale. Un altro gruppo di 6 tombe occupava lo spazio libero tra i due recinti interni.
Questo gruppo di tombe doveva essere di proprietà di un certo Geròntios, come è testimoniato dalla lastra marmorea con iscrizione rinvenuta nel luogo.
L’area di necropoli del Palazzo delle Poste è ritenuta una delle più importanti a Nord della città antica. Dal punto di vista della stratigrafia orizzontale, si è posto il problema se le 6 tombe appena descritte facessero parte di una sezione di una più ampia area cimiteriale, o se esse costituissero un primo nucleo centrale al quale si addossarono in seguito nuovi recinti.”
Prof. Edoardo Tortorici in “Catania Antica”
Per leggere altri articoli, clicca qui.